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LE SANZIONI AMMINISTRATIVE - LE SEZIONI UNITE 22082/2017 E LA CEDU

lunedì 21 gennaio 2019










Nel sistema giuridico vigente, sin da oramai quasi un quarantennio alla data odierna, radicale è stata la scelta legislativa effettuata la fine di porre rimedio ad un sistema penale sempre meno cogente e al contempo troppo pressante per alcuni ambiti della vita di ogni giorno, con l’introduzione di un sistema sanzionatorio amministrativo volto alla repressione di alcune condotte del più amplio e variegato panorama.

Per l’effetto, risulta facile rintracciare, dopo l’accattivante intento di ricondurre ad un unicum tale scelta legislativa con l’emanazione della nota Legge 689 del 1981, regolamentazioni di vari ambiti del nostro diritto prevedenti sanzioni di natura amministrativa per condotte ritenute illecite e relative al diritto tributario, al diritto del lavoro, in materia di circolazione stradale etc. etc.

Un problema di non pronta e facile soluzione, discende dal quadro di riferimento inerente proprio le peculiarità di tali normative, tutte espressamente richiamanti principi quali quello di legalità, di personalità della responsabilità rispetto agli illeciti compiuti e di combinazione di questi con l’ultroneo e peculiare principio di solidarietà proprio in materia di riscossione delle emanande sanzioni.

Proseguendo per piccoli passi, non si può prescindere dal comprendere pertanto le finalità precipue di tali norme sanzionatorie, desumibili proprio in virtù di molteplici precedenti della Corte Europea dei diritti dell’uomo (per brevità, CEDU): infatti, la Corte di Strasburgo ravvisa nel sistema sanzionatorio amministrativo un sistema repressivo di natura penale allorquando oltre alla predetta caratteristica (repressività) siano altresì ravvisabili la finalità preventiva e quella punitiva, ma non anche quella risarcitoria delle sanzioni in parola.

Alla luce di tale univoca interpretazione data dalla CEDU, la sentenza in oggetto al presente breve lavoro, quantunque richiamante giurisprudenza maggioritaria e dirimente almeno pel caso all’attenzione della Suprema Corte di Cassazione, non può condividersi nella sua totalità.

Infatti, le sezioni unite, chiamate a dirimere il contrasto sul punto se la norma che estingue l’obbligazione al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria in favore del trasgressore principale estingue altresì anche l’ulteriore obbligazione dell’obbligato in solido, hanno ritenuto inopportuno il doversi ritenere estinta (a prescindere dall’avvenuta notificazione della sanzione all’obbligato principale trasgressore materiale) l’obbligazione solidale.

Vi è da dire con certezza e altrettanto stupore che, tra le righe, il massimo organo della funzione nomofilachia (di interpretazione delle norme), chiarisce l’ovvia necessità comunque di procedere alla notificazione in favore di tutti i soggetti eventualmente sanzionabili in forza dei precetti violati; ma, pur sempre, lascia basiti perché una tal conclusione di mancata estinzione dell’obbligazione solidale, collide e stride proprio con la predetta definizione data dalla CEDU e ancor maggiormente con tutto l’impianto sanzionatorio penal-amministrativo basato sulla personalità della responsabilità amministrativa.

Per chiarire il concetto in parola, basti pensare alle norme che coinvolgono quotidianamente una moltitudine di consociati (ma il discorso vale ovviamente in tutti gli altri casi laddove la normativa preveda sanzioni amministrative): si pensi ad esempio ad una classica multa notificata per eccesso di velocità, comportante oltre alla semplice sanzione pecuniaria, la decurtazione dei punti nonché la sospensione della patente.

Ebbene, nulla di più sorprendente sarebbe ravvisabile ove la notifica per mancata tempestiva contestazione giungesse ad uno solo dei soggetti come preventivamente individuati dal codice della strada, e, per di più, tale soggetto materialmente sanzionato (appunto, tramite l’avvenuta notifica poiché obbligato in solido), non possa assolutamente ritenersi il trasgressore (perché, per esempio, di sesso differente dal materiale trasgressore come ricavabile dai rilievi fotografici della condotta a punirsi). La mancata notifica al trasgressore nei termini previsti, importerebbe la decadenza dalla possibilità di perseguire le finalità precipue del sistema sanzionatorio, ossia non sarebbe possibile reprimere, prevenire e punire la condotta del “malcapitato” conducente trasgressore, salvo a tutti gli effetti ottenere il mero ristoro (a questo punto in termini di solo risarcimento della condotta illecita).

Ed ancora; poniamo il caso che la notifica della sanzione sia effettuata ad uno solo dei coobligati in solido senza alcuna spiegazione e/o motivazione della scelta effettuata dal soggetto procedente; tale condotta, oltre ad essere foriera di una arbitrarietà quasi parificabile al potere de imperio, sarebbe altresì lesiva  rispetto al legittimo diritto di difesa sia dell’obbligato in solido che del trasgressore.

Non vi è chi non veda l’assurdità delle situazioni in questione, poiché peraltro foriere di facili contenziosi (tra tutti, i casi di irrogazioni di ordinanze ingiunzioni ove anche il trasgressore sarebbe nel pieno di intervenire e di opporsi al seguito dell’avvenuta notifica di tale ulteriore atto impositivo).

Infine, ma non da ultimo, diverso è il caso di cui al citato provvedimento laddove è chiaro l’intento legislativo di sanzionare a prescindere poiché la normativa prevede espressamente ed unicamente l’emanazione di sanzioni pecuniarie, nel mentre una serie di altre leggi unitamente alla sanzione amministrativa (multa) prevedono una serie di ulteriori sanzioni ben più cogenti e deterrenti proprio al fine di perseguire le finalità come delineate dalla CEDU e da sempre, storicamente, principi del nostro diritto penale e delle relative sanzioni penali e amministrative.  

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