Quando si pone la scelta tra i vari operatori presenti sul mercato relativamente alla fornitura dei servizi Internet (sia essa rivolta al più comune consumatore –B2C – o all’impresa –B2B), una delle voci di costo relativa al servizio in questione riguarda lo strumento terminale appunto fornito dall’operatore (il modem/router).
Dovendosi intendere con
tale terminologia, quell’apparecchiatura per un verso in grado di trasformare
in dati digitali i segnali elettromagnetici della linea telefonica e viceversa,
nonché lo strumento idoneo a garantire e gestire una rete informatica anche in
assenza di linea dati, nella totalità (o quasi) dei contratti offerti sul
mercato, tale apparecchiatura risulta essere a pagamento.
A fronte di tale costo
per l’utente/internauta e a sua tutela, il Regolamento Ue n 2015/2120 è
intervenuto al fine di garantire misure riguardanti un accesso libero ad Internet.
Tale regolamentazione
espressamente all’art. 3, I comma, prevede quanto segue: Gli utenti finali
hanno il diritto di accedere a informazioni e contenuti e di diffonderli, nonché
di utilizzare e fornire applicazioni e servizi, e utilizzare apparecchiature terminali
di loro scelta, indipendentemente dalla sede dell’utente finale o del fornitore
o dalla localizzazione, dall’origine o dalla destinazione delle informazioni,
dei contenuti, delle applicazioni o del servizio, tramite il servizio di accesso
a Internet”.
Il comma 2 del medesimo articolo
stabilisce che “Gli accordi tra i
fornitori di servizi di accesso a Internet e gli utenti finali sulle condizioni
e sulle caratteristiche commerciali e tecniche dei servizi di accesso a Internet
quali prezzo, volumi di dati o velocità, e le pratiche commerciali adottate dai
fornitori di servizi di accesso a Internet non limitano l’esercizio dei diritti
degli utenti finali di cui al paragrafo 1”. Al comma 3, il Regolamento reca “I fornitori di servizi di accesso a
Internet, nel fornire tali servizi, trattano tutto il traffico allo stesso
modo, senza discriminazioni, restrizioni o interferenze, e a prescindere dalla
fonte e dalla destinazione, dai contenuti cui si è avuto accesso o che sono
stati diffusi, dalle applicazioni o dai servizi utilizzati o forniti, o dalle
apparecchiature terminali utilizzate”.
Dal tenore
letterale della citata normativa, è di facile intuizione il comprendere come
qualsiasi fornitore di servizi di accesso ad Internet, non possa imporre
proprie apparecchiature (modem/router) all’utente finale e, per di più, non
possa altresì prevedere pagamenti per la fornitura di tali apparecchiature.
Per rendere cogenti tali obblighi
nei confronti delle varie compagnie offerenti Internet (con buona pace delle best practice di settore!), si è dovuta
attendere una recente delibera dell’Autorità Garante della Concorrenza e dei
Mercati (AGCOM), la quale nella riunione del proprio Consiglio del 18 luglio,
ha di fatto imposto alle compagnie in parola di liberare l’utente finale
dall’obbligo di contrarre andando a pagare altresì quanto relativo alle cosiddette
“apparecchiature finali” (appunto, il modem/router).
Nel dettaglio, con la delibera n. 348/18/CONS,
l’autorità ha chiarito che non può essere imposto alcun dispositivo finale al
fine di poter fruire sei servizi Internet presenti sul mercato; che le compagnie
dovranno rendere pubblici tutti i dati utili affinchè l’utente finale possa
collegarsi al singolo provider con qualsiasi modem/router presente sul mercato;
che i nuovi contratti a stipularsi (e ogni ulteriore incombente documentale)
dovranno recepire tali obblighi entro 90 giorni dalla pubblicazione del
provvedimento (e, quindi, dal 2 agosto – momento di pubblicazione della
delibera – entro l’originario 31 ottobre 2018; infine, ma non da ultimo, entro
120 giorni dalla pubblicazione del provvedimento in esame e : …..limitatamente ai contratti in essere che
prevedono l’utilizzo obbligatorio del terminale a titolo oneroso per l’utente
finale: a. Propongono all’utente la
variazione senza oneri della propria offerta in una equivalente offerta
commerciale che preveda la fornitura dell’apparecchiatura terminale a titolo
gratuito o che non ne vincoli l’utilizzo attraverso l’imputazione di costi del
bene o dei servizi correlati al terminale nella fatturazione; b. In alternativa, consentono all’utente
finale di recedere dal contratto senza oneri diversi dalla mera restituzione
del terminale, dandone adeguata informativa.”
Poiché il provvedimento non è stato ancora recepito
da tutte le compagnie e al fine comunque di dar modo ai singoli fornitori di
adeguarsi alla delibera in parola (sempre in barba all’essere compliance!), con la delibera n.
476/18/CONS, la stessa Autorità ha prorogato i predetti termini (volti
all’adeguamento sia relativamente alle nuove forniture che rispetto ai
contratti in essere) di ulteriori 30 giorni (e, quindi, rispettivamente al 30
novembre u.s. per l’adeguamento dei nuovi contratti e al 30 dicembre 2018 per
ottimizzare e regolarizzare i contratti in essere).
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