Il codice di rito prevede espressamente la possibilità per cui ove esistano più cause civili aventi determinate caratteristiche, queste vengano trattate congiuntamente.
La casistica in parola,
è normata dagli articoli 273 e 274 del codice di procedura civile e attiene
fondamentalmente alle situazioni della identità di cause pendenti davanti allo
stesso Giudice nonché alle cause connesse promosse innanzi a Giudici
differenti.
Di facile comprensione
è la ratio sottostante il medesimo istituto,
posto chè ove non esistente la riunione civile, una infinita mole di giudicati (sentenze)
sarebbero potuti risultare contrastanti (in maniera esemplificativa, la
pendenza di due diversi giudizi aventi entrambi quale finalità quella di
ottenere un risarcimento per qualsivoglia natura, avrebbe potuto condurre a sentenze
diverse e di segno opposto, ossia una di accertamento e condanna e l’altra di
rigetto).
Dalla semplice lettura
degli articolo citati, ben si comprende come facilmente risolvibile è la
situazione di identica causa pendente innanzi al medesimo magistrato, ove
questi, anche senza che le parti sollevino eccezioni di sorta (proferiscano
parola in merito), deve procedere alla riunione dei processi.
Particolare è la
situazione in cui le medesime cause siano pendenti innanzi a diverse postazioni
giudicanti; in tal caso, il magistrato riscontrante tale anomalia, deve
avvisare il Presidente del Tribunale (o, nel caso di organi della stessa
sezione civile, il Presidente di questa), che a sua volta ordina la
prosecuzione della causa innanzi ad uno solo dei magistrati interessati.
Ma, nel mentre i casi
di cui sopra, sono di solito ritenuti dalla unanime giurisprudenza e dottrina,
quali situazioni obbligatorie della riunione dei processi (per l’appunto, ex
art. 273 cpc), di diverso avviso è l’atteggiarsi della riunione dei processi
connessi.
Premesso che per
connessione deve intendersi la situazione afferente ad una determinata situazione
giuridica avente una comunanza di elementi; di seguito, in virtù degli elementi
comuni, discende la classificazione in connessione oggettiva e connessione
soggettiva (la prima relativa a elementi quali le ragioni del processo, la
domanda giudiziaria, un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra le cause; la
secondo, appunto soggettiva, allorquando i soggetti in causa, risultino uguali
e/o siano comunque ricollegabili a tutela di situazioni giuridiche simili e/o
affini).
Facciamo un esempio al
fine di chiarire quanto si discute; nel caso una stessa assemblea condominiale,
in due diverse assemblee, deliberi delle spese straordinarie (magari relative
all’installazione di due distinti apparati di antenna volti a servire ciascuno
parte del condominio) e un condomino sia contrario (perché dell’avviso di poter
ottenere il medesimo risultato – far vedere a tutto il condominio con un’unica
antenna, la televisione – con costi inferiori rispetto all’installazione del
doppio impianto), questi si vedrà costretto a intraprendere una prima causa
civile (nel caso che ci occupa, prima la mediazione civile, obbligatoria per la
materia) e, all’esito della seconda delibera, un ulteriore giudizio.
L’assurdità della
situazione (salvo ad essere sinceri il caso limite della causa connessa già in
decisione) è ancor più stridente ove si pensi che la normativa in esame assegna
espressamente la delibazione nel merito della eventuale riunione, in favore del
Presidente del Tribunale e/o di sezione asseconda dei casi; nella prassi, da
quanto è dato sapere, il Giudice Unico investito della richiesta, stante la
facoltatività della riunione, procede senza formalismi di sorta, con grave
nocumento rispetto alla richiesta di giustizia, legalità.
Per effetto, ci si
auspica che la normativa possa essere oggetto di pronta rivisitazione, in
maniera da evitare che il discrezionalismo
possa diventare ragione per l’emissione di provvedimenti poco confacenti all’accaduto
e essere altresì unico artefice di contrasti tra sentenze emesse da Giudici
dello stesso Tribunale e/o della stessa sezione.
Infine, ma non da
ultimo, nel silenzio della norma processuale, la Suprema Corte di Cassazione in
materia di prove raccolte in uno dei due processi successivamente riunito,
ritiene utilizzabili le stesse solo quando raccolte tra le parti in causa e in
contradditorio (ossia, garantendo la bontà della prova e i principi del
processo civile con la piena e regolare partecipazione dei soggetti interessati
– attore e convenuto, ricorrente e resistente -).
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