Da oramai oltre un
ventennio, il nostro Ordinamento, adeguandosi a quanto in ambito europeo
vigente, ha fatto propria la normativa in materia di tutela della concorrenza,
andando a disciplinare e regolamentare ogni aspetto relativo alle intese, all’abuso
di posizione dominante e allE operazioni di concentrazione (Legge 10 ottobre
1990, n. 287).
Tra le altre, di
particolare importanza è la costituzione dell’Autorità Garante della concorrenza
e del mercato, istituzione amministrativa indipendente volta alla vigilanza
contro gli abusi di posizione dominante, intese e cartelli lesivi o restrittivi
della concorrenza, controllo delle concentrazioni societarie, tutela del consumatore
in materia di pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie e pubblicità
ingannevoli.
I poteri in materia bancaria,
sono stati devoluti dalla Banca d’Italia alla stessa Autorità a far data dal 12
gennaio 2006.
Tra le materie al
vaglio dell’Autorità, le fideiussioni (ritenendosi per tali tutti i contratti attraverso
cui un soggetto - cd. Fideiussore - si
obbliga personalmente verso un creditore, al pagamento e garanzia di tutte le
obbligazioni verso questi assunte da un terzo), sono causa di contenzioso e di
pratiche scorrette effettuate dai diversi istituti di credito nei confronti dei
propri clienti (tra tutte, si pensi al caso della nota fideiussione omnibus
illimitata senza obbligo di comunicazione).
La stessa Autorità (all’epoca
degli accadimenti rivestita dalla Banca d’Italia) ha emesso il provvedimento n.
55 del 2 maggio 2005, con cui ha sancito la contrarietà alla legislazione in
materia anticoncorrenziale delle clausole contenute nelle condizioni generali
di contratto per la Fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie.
In particolare, tale
provvedimento ha rinvenuto in alcune clausole riproducenti norme predisposte dallo
schema ABI nonché nella loro applicazione uniforme da parte degli istituti di
credito, una intesa restrittiva della concorrenza come vietata dall’art. 2,
comma 2, lett. a della citata legge 287/1990 (in particolare, l’atto si è
soffermato nel ritenere illegittime le clausole di sopravvivenza, reviviscenza
e derogatorie dei termini come precipuamente delineati ex art. 1957 c.c.).
Tale situazione ha
portato all’instaurazione di diversi procedimenti giudiziari, volti all’accertamento
della nullità dei contratti di fideiussione riproducenti tali pattuizioni.
L’assunto della
illiceità dell’inserimento di tali clausole, ha condotto anche i Giudici di
piazza Cavour (la Cassazione) ad emettere provvedimenti allineati alla suddetta
interpretazione.
Ed infatti, con la
ordinanza n. 29810 del 12/12/2017, si è statuita la possibilità di vaglio
giudiziale di tutte quelle condotte contrattuali (e non) che rappresentano
realizzazione “a valle” (nei confronti dei consumatori) di clausole “a monte”
dichiarate illegittime, poiché contrarie alla normativa di tutela della
concorrenza e dei mercati.
Pel caso che ci occupa,
ancor più rilevante appare il dover intraprendere tali tipi di controversie, poiché
la relativa competenza in materia è stata di recente devoluta in favore delle
sezione specializzate per l’impresa (ex art. 3 D. Lgs. 3/2017).
Peraltro, solitamente
tali situazioni processuali (come anche nel caso all’attenzione della
Cassazione), prendono spunto da procedimenti volti a recuperare quanto prestato
dagli istituti bancari contro i garanti (di solito, tramite ingiunzioni di
pagamento ante causam); quindi, in primis sono incardinati innanzi al
Giudice competente nel merito (Tribunale).
Solo in sede di
opposizione a decreto ingiuntivo, si dovrà sollevare eccezione di incompetenza
per materia e richiedere la rimessione innanzi alla competente sezione
specializzata in materia di impresa, unica titolare del potere giurisdizionale
volto all’accertamento delle condotte contrarie alla normativa
anticoncorrenziale e, nel caso delle fideiussioni, a poter constatare la
nullità delle stesse poiché contrarie al dettato di cui all’art. 2, III comma
L. 287/1990.
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