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Il disegno di legge Pillon

lunedì 12 novembre 2018


In questa epoca laddove tutto si consuma contemporaneamente al lasso necessario per mandare un messaggio della più nota messaggistica presente sul mercato, anche le separazioni e i divorzi (e, in maniera inversamente proporzionale, i matrimoni) sono all’ordine del giorno e, alle volte, anche solo dopo pochissimi mesi di convivenza post matrimoniale, la coppia “scoppia”.

Dopo l’introduzione nel nostro ordinamento della legge sul divorzio (1° dicembre 1970,  Legge 898), vari sono stati gli interventi che hanno visto modifiche anche di non poco conto all’originario testo, giungendo fino ai giorni nostri in cui è prevista la possibilità di procedere dapprima con la separazione (mantenendo il vincolo matrimoniale in essere ma essendo autorizzati a vivere separati di “letto e di mensa”) e poi (ove ne ricorrano i presupposti rintracciabili nella decorrenza di termini dalla comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale) a sciogliere o cessare il matrimonio  - asseconda rispettivamente si tratti di matrimonio civile o concordatario – nei successivi 12 o 6 mesi dalla citata comparizione (legando tali termini alle distinte fattispecie di separazione consensuale o giudiziale intraprese dai ricorrenti).

Come sicuramente risaputo, l’interesse preminente da tutelare in tali casi, è quello afferente la tutela dei figli della coppia, a maggior ragione laddove questi siano ancora minori.

In questo ambito, senza che vi sia necessità di ricorrere a statistiche del caso, nella stragrande maggioranza dei casi, i figli minori, anche in situazioni di affidamento condiviso genitoriale, sono collocati presso la madre, la quale a sua volta ottiene il previsto assegno di mantenimento per le cure ad apprestarsi (oltre, solitamente, a prevedersi una serie di ulteriori pattuizioni di natura economica sempre a garanzia della educazione, mantenimento ed istruzioni dei figli).

Se da una parte, tali conflitti famigliari possono portare a situazioni di disagio (pericolo, frustrazione etc. etc. etc.) sia per sventurate mogli che per incolpevoli figli, d’altro canto, i postumi di una separazione e/o divorzio possono decisamente modificare la vita di uomini/mariti poiché coinvolgenti aspetti economici, psicologici e non idonei a far parlare delle medesime situazioni quali nuovi fenomeni sociali preoccupanti costituenti i nuovi poveri (cosiddetti padri separati).

Il dilagante numero dei divorzi (gli ultimi dati come riportati dal report Istat in materia, a seguito dei due anni dall’entrata in vigore della normativa in materia di divorzio breve, riportano un aumento rilevante delle cessazioni o scioglimenti dei vincoli matrimoniali) unitamente al predetto problema sociale, ha condotto la maggioranza politica del paese ad immaginare una riforma della materia, rappresentata e nominata (dal nome del presentatore) disegno di legge Pillon (disegno di legge 735).

Permeato da un’ottica di rivisitazione generale degli equilibri post-divorzili (e post separazione coniugi), il disegno di legge, con l’intento preciso di salvaguardare “l’affidamento condiviso, il mantenimento diretto e la garanzia di bigenitorialità”, ha suscitato (nonostante sia ancora allo stato embrionale e lungi dal potersi ritenere fonte del diritto) non poche contestazioni, poiché a detta dei suoi detrattori, foriero di situazioni di squilibrio a svantaggio delle madri separate/divorziate.

In concreto, la proposta prevede (ci si ripete, qualora diventasse legge senza modifiche all’attuale impianto) per le coppie separande con figli minori, l’attivazione di una procedura di mediazione famigliare (obbligatoria e condizione di procedibilità per l’eventuale azione innanzi al Tribunale) ancor prima di potersi rivolgere ad un Giudice.

Quindi, tale procedura di mediazione effettuata pel tramite di soggetti privati costituiti ad hoc (lo stesso disegno di legge enuclea le caratteristiche del nuovo soggetto mediatore professionale incaricato), impone tale nuovo iter al fine di poter redigere consensualmente tra i separandi un “piano genitoriale”, con il preciso intento di andare a regolamentare: 1) i luoghi abitualmente frequentati dai figli; 2) scuola e percorso educativo del minore; 3) attività extrascolastiche, sportive, culturali ed educative  e, da ultimo, 4) le vacanze normalmente godute.

In riforma della normativa sostanziale come prevista ai sensi dell’art. 337-ter del codice civile, il disegno prevede tempi equipollenti o paritetici di convivenza del minore con ciascuno dei genitori, salvi ovviamente i casi di impossibilità materiale.

Del tutto inderogabile come principio della proposta è il doppio domicilio del minore e, quale aspetto dai seri dubbi di legittimità, si prevede l’impossibilità dello stesso minore di poter intervenire nella scelta del genitore presso cui essere collocato.

Sicuramente confortante una vera e propria rivoluzione del diritto di famiglia rispetto a quanto sino ad oggi accaduto in tutti (o, comunque, nella stragrande maggioranza dei procedimenti per separazione e divorzio) i casi in parola, la prospettata normativa fa discendere dal principio di genitorialità perfetta, l’equa ripartizione delle spese (ordinarie e straordinarie) necessarie per la crescita del minore, abolendo definitivamente l’istituto quest’oggi in essere dal diritto al mantenimento a versarsi in favore del coniuge collocatario.

Per altro verso e sempre fonte di non pochi commenti negativi, appare altresì la regolamentazione in materia di casa coniugale, laddove il provvedimento prevede il pagamento di un canone da un coniuge in favore dell’altro nel caso in cui l’immobile sia cointestato, nonché l’obbligo di lasciare la stessa casa gravante sul coniuge non titolare di diritti reali o personali (usufrutto, uso, abitazione, comodato etc. etc.) o convivente more uxorio o risposato.

In questa sede non si proferisce parola (volutamente) sulle condotte relative alle donne vittime di violenza domestica, auspicando che quanto riportato dal testo in esame, possa essere oggetto di attenta e ponderata rivisitazione avente quali obiettivi  la salvaguardia primaria degli interessi dei minori nonché quelle delle malcapitate vittime di violenza domestica; si precisa che la regolamentazione de qua è rintracciabile agli articoli 17 e 18 del citato disegno di legge.    


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